Solennità dell’Annunciazione 2021
Nazareth, 25 marzo 2021
Carissimi fratelli e sorelle,
il Signore vi dia pace!
L’anno scorso, in questo periodo, eravamo tutti sconvolti dall’irrompere della pandemia nella vita personale e collettiva di ciascuno di noi. Tutto era nuovo e ci sentivamo impreparati ad una tale situazione, nella quale un piccolo virus aveva di fatto paralizzato la vita ordinaria in tutto il mondo e azzerato i programmi economici e sociali di quasi tutti i Paesi.
Ora, a distanza di un anno, non abbiamo le idee più chiare. La paura ci ha portato a pensare che il mondo sia un luogo ostile e pericoloso. Forse riusciamo a gestire meglio l’emergenza sanitaria, ma tutto il resto: economia, socialità, educazione, lavoro… tutto è ancora più fragile ed esposto a tanti interrogativi.
Oggi veniamo qui per portare questo nostro faticoso vissuto davanti alla Vergine di Nazareth e per chiedere a noi stessi cosa possiamo imparare da quanto abbiamo sperimentato. Ci siamo interrogati, infatti, sull’economia, sulla vita sociale, su quella sanitaria. Ma cosa dice tutto questo alla nostra fede? Fede e vita si devono parlare a vicenda. La fede è anche un modo particolare di accogliere la vita. La nostra relazione principale, quella con il Signore, può e deve illuminare la nostra esperienza e aiutarci a comprendere i segni dei tempi. Ce lo chiede il Signore stesso: “Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi?” (Matt. 16,3).
In questo ultimo anno è stata proprio questa la domanda che nella Chiesa ci siamo posti più spesso. In questo anno nel quale abbiamo avuto quasi sempre chiese chiuse, celebrazioni sospese, senza Pasqua e senza Natale… e dove anche la vita di fede sembrerebbe essere diventata virtuale: Messe online, pastorale in zoom, benedizioni a distanza e così via.
Lasciamoci allora interrogare dalla solennità di oggi e proviamo a fare un ulteriore passo per cercare di comprendere, per quanto possibile, cosa il Signore ci stia indicando.
La prima considerazione riguarda proprio il mistero dell’Incarnazione. Oggi celebriamo il “sì” di Maria che ha permesso a Dio di irrompere nella realtà del mondo, assumendo la nostra stessa carne. Qui il Verbo di Dio ha assunto in tutto, fuorché il peccato, la nostra umanità. E questo già ci dice quanto Dio ami questa nostra realtà. Il mondo non è mai stato un’isola felice: problemi di ogni genere, ingiustizie, divisioni, guerre, malattie ci sono oggi come nel passato e sempre. Ma tutto questo non ha impedito in alcun modo il compiersi del progetto di Dio in un mondo così. Il Suo desiderio di salvezza non è stato fermato dalla nostra disobbedienza: Lui si è fatto uno di noi, perché ci ha amati come siamo. Se fossimo stati perfetti, forse, non ci sarebbe stato bisogno di un progetto di salvezza, di un Suo intervento nella storia.
Celebrare oggi l’Incarnazione, dunque, significa anche sapere accogliere e amare la realtà di questo mondo, così come Dio l’ha amata. Non si tratta di chiudere gli occhi sul dolore, nostro e degli altri, ma di vivere nella certezza che questo mondo, per quanto ferito e offeso, è comunque il Luogo nel quale Dio si è manifestato e nel quale ci ha incontrato, e dove ancora oggi Lo incontriamo. Non c’è nulla, infatti, che possa impedirci di vivere pienamente. La fede comporta anche il riconoscere la bellezza di questa nostra realtà, il saper stare di fronte ai fatti della vita, belli o faticosi che siano, con la certezza del bene che ci abita, di una Parola che ci salva. Di fronte alla richiesta dell’Arcangelo, incredibile e umanamente impossibile da comprendere, Maria risponde con la fiducia nel Dio Provvidente, al Quale sa di potersi affidare.
Dicevamo che sempre più spesso, e soprattutto in questo ultimo anno, nella scuola, nel lavoro e addirittura nella Chiesa abbiamo vissuto più virtualmente che realmente. In questo anno di lockdown, infatti, la tecnologia ci è venuta in aiuto e ci ha permesso di mantenere un minimo di socialità. Ma non è attraverso la tecnologia che incontreremo il Signore, non saranno le messe virtuali a salvarci, e nemmeno i social, ma l’incontro personale con Lui.
Il mistero che oggi celebriamo è anche un invito a non fuggire dal reale, a non evitare di fare i conti con chi siamo realmente ma, al contrario, a ritrovare nella propria vita, personale e comunitaria, così come essa è, i segni della presenza di Dio, il luogo dove incontrarlo. Abbiamo bisogno di recuperare uno sguardo positivo e sereno sulla Chiesa e sul mondo, ancora oggi abitato dalla Sua presenza. Il male, il dolore, le ingiustizie e le nostre solitudini non possono essere l’unica voce che ci interpella. Ancora oggi, se lo vogliamo ascoltare, risuona l’invito di Dio ad accogliere la Sua Parola seminata in ciascuno di noi e che vuole fare frutto, “il cento, il sessanta, il trenta per uno” (Matt. 13,8). In questo mondo, in questa società, in questa Chiesa, siamo invitati a pronunciare il nostro “sì” a Dio che ci chiama per il suo progetto di salvezza. Un “sì” che si traduce poi in azione concreta e positiva per il bene e per la giustizia, un “sì” che prevale su ogni paura e timore, perché “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37)
Il racconto evangelico che abbiamo ascoltato ci parla, poi, di tanti testimoni intorno all’evento dell’Annunciazione: Giuseppe, sposo di Maria, di cui abbiamo celebrato la solennità qualche giorno fa; Elisabetta, che nonostante sia anziana, è incinta, in attesa del Battista; l’arcangelo Gabriele, naturalmente, e soprattutto lo Spirito Santo… Questo progetto di salvezza, infatti, non è un’azione intima riservata alla Vergine, ma mette in moto altri, crea una comunità di persone, unite dal “sì” di Maria all’azione dello Spirito di Dio. Dietro quel “sì”, insomma, ci sono i protagonisti della storia della salvezza, testimoni del passato e del presente che, mossi e guidati dallo Spirito, sono diventati collaboratori della realizzazione del progetto divino.
Possiamo dire che il senso ultimo dell’Annunciazione è la Pentecoste: Maria è colmata di Spirito per generare Cristo, affinché Lui, attraverso la Pasqua e il dono dello Spirito Santo, possa essere generato in tutti i credenti.
Lo Spirito ci dona uno sguardo nuovo, la capacità di cogliere dentro i vari passaggi della storia l’opera di Dio; ci rende capaci di riconoscere Cristo anche nella vita degli altri. E di questo abbiamo sempre tanto bisogno, perché, se è vero che ciascuno deve trovare dentro di sé la sicurezza della propria relazione con Dio, è vero anche che c’è una conferma che può venire solo dal di fuori, nella relazione con l’altro.
Oggi più che mai abbiamo bisogno di testimoni che ci aiutino a stare di fronte ai fatti della vita con speranza e fiducia, che collaborino a rendere determinato e fiducioso il nostro “sì” a Dio. Abbiamo bisogno della Chiesa, cioè di credenti uniti proprio da quel “sì”, una comunità con uno sguardo libero e sereno sulla vita del mondo, senza paura e desiderosa di costruire e promuovere il bene e la giustizia.
E penso ora alla nostra Terra e alla nostra Chiesa: come ci è necessario questo sguardo! Come ci è necessaria la fiducia nello Spirito che dona alla nostra Chiesa la capacità e la determinazione di compiere la Sua Parola qui, tra noi, di dire anche noi con la Vergine Maria: “avvenga per me secondo la Tua parola” (Lc 1,38). Troppo spesso, infatti, ci rinchiudiamo dentro i nostri problemi, che diventano il nostro unico orizzonte. Siamo sempre così presi dalle piccole faccende della vita, dalle cose da fare, o anche dai grandi progetti, che ci dimentichiamo l’essenziale: l’esistenza ha senso solo se si apre all’amore, e il mondo, cioè tutti noi, abbiamo bisogno di farne reale esperienza, abbiamo bisogno dell’abbraccio del perdono di Dio, della sua irruzione nella vita del mondo. Ricordare questo a noi stessi e agli altri, mettendolo in pratica, è la vocazione e la missione della Chiesa oggi.
Alla domanda che ci siamo posti inizialmente su come interpretare questo tempo, la risposta è, dunque, nelle parole di Maria Vergine: ascoltare e compiere la Parola di Dio. Non c’è bisogno di nuove formule, di cercare lontano, perché “questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica” (Deut. 30,14).
La Vergine di Nazareth accompagni e sostenga la nostra Chiesa e la renda feconda di nuova e gioiosa vita per il bene di tutti. Aiuti la nostra comunità ecclesiale ad essere una fiaccola posta sopra il moggio (cf. Mt 5,15) affinché, nel dolore e nella fatica di ogni giorno, possa indicare a ciascuno la strada per incontrare l’amore di Dio che dà senso e il giusto peso a tutto.
+ Pierbattista