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Omelia giorno di Pentecoste 2022

Carissimo Padre Bernard, 
Carissimi fratelli e sorelle, 
il Signore vi dia pace! 

Siamo giunti alla conclusione del periodo pasquale e, come da tradizione, ci ritroviamo insieme al monastero benedettino della Dormizione per celebrare la nascita della Chiesa a Gerusalemme. Quest’anno abbiamo la novità di una nuova temporanea, ma non meno bella, collocazione. Ringraziamo le suore di S. Vincenzo de Paoli per la loro disponibilità. Si aggiungono a noi anche alcune comunità di lavoratori stranieri filippini. Oggi, insomma, facciamo un po’ anche noi l’esperienza descritta nella prima lettura dagli Atti degli Apostoli. Siamo fedeli locali, stranieri, di lingue e nazionalità diverse, ma uniti nel celebrare le meraviglie del Signore. Lo Spirito ci ha riunito dalle diverse parti del mondo, per fare di noi una famiglia unita nel nome di Gesù. 

Davvero la nostra Chiesa continua a vivere ancora oggi l’esperienza della Pentecoste: tutte le comunità cristiane si trovano qui, fisicamente presenti, e tutte insieme formano il Corpo di Cristo, la Chiesa. E, per quanto le ferite delle nostre divisioni siano ancora dolorose, siamo ancora qui riuniti tutti, come comunità cristiana per celebrare, ciascuno secondo la sua tradizione e nella sua lingua, lo stesso mistero pasquale di morte e risurrezione, lo stesso dono dello Spirito. 

Con la Pentecoste abbiamo una sorta di nuova Epifania. È l’Epifania della potenza dell’amore, dell’agape: a Pasqua facciamo esperienza dell’agape attraverso il corpo fisico di Cristo, donato sulla croce e trasfigurato nella risurrezione. A Pentecoste facciamo esperienza dell’agape attraverso il suo corpo ecclesiale: inizia il tempo della Chiesa, il tempo in cui il Signore è presente in mezzo a noi in modo nuovo. Lo vediamo nel Vangelo appena proclamato: “Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!” (John 20,19). Stette. Non dice apparve, ma stette. È il verbo della stabilità. È un modo nuovo di stare in mezzo ai Suoi discepoli. 

Ed è nell’Eucarestia che Pasqua e Pentecoste si incontrano. L’Eucarestia celebra l’amore che si dona sulla croce, la morte e la risurrezione di Cristo. Allo stesso tempo l’Eucarestia è la celebrazione dello Spirito Santo che rende visibile e concreto quell’amore nella Chiesa, oggi. 

Per questo i discepoli al vedere le mani e il fianco di Gesù gioirono (20). Perché da quel momento quei segni non indicano più una sconfitta, ma il trionfo dell’amore di Dio su ogni creatura. Soffiando il Suo Spirito sui discepoli (22), infatti, Gesù fa di loro creature nuove, una sorta di nuova creazione. È lo Spirito che da forma alla Chiesa, che ci unisce al corpo di Cristo, e ci apre quindi l’accesso a Dio. 

Amore, gioia, perdono, pace. Il Vangelo di Pentecoste dice in maniera chiara quale sia il programma di chi è nuova creazione nello Spirito. 

Desidero in questo momento rivolgere un pensiero particolare alla nostra Chiesa, la Chiesa di Gerusalemme. A Pentecoste nasce la Chiesa, e nasce qui, a Gerusalemme, nella nostra città. Tutte le Chiese sparse nel mondo sono originate dal “Si” a Cristo detto proprio qui a Gerusalemme da qualche pescatore e alcuni loro amici. Erano pochi, spaventati, impreparati, con idee profondamente diverse su Cristo, sulla sua missione e di conseguenza sulla loro. Erano anche perseguitati e incompresi dai più. 

Eppure, se siamo qui oggi, è per il “si” detto da questi personaggi che umanamente non avrebbero potuto fare nulla di eclatante. 

Sembra la descrizione della nostra Chiesa di Gerusalemme oggi: siamo pochi e senza alcun potere umano, divisi in tante chiese diverse, con idee profondamente diverse sulla missione della Chiesa, sulla politica e su molte altre cose. Non siamo perseguitati, ma certo non possiamo nemmeno dire di essere amati. Non abbiamo un grande slancio missionario di annuncio. A volte sembriamo più simili ai discepoli ancora chiusi nel cenacolo per paura, più che a Pietro che con parresia annuncia a tutti che Cristo è il Signore. 

Abbiamo allora davvero bisogno dello Spirito, di quella potenza che può venire solo dall’alto (cf Lc 24,49), che ci renda capaci di ridiventare cristiani, costruttori di un nuovo modo di vivere. 

Abbiamo bisogno che Gesù soffi di nuovo il Suo Spirito su di noi e ci faccia creature nuove, capaci di gioire, di perdonare, di fare di noi una comunità unita nell’amore di Cristo, di vivere e testimoniare la pace tra noi, prima ancora che chiederla per gli altri. 

Credo che sia questa la testimonianza che ci viene chiesta oggi: tornare ad essere testimoni dell’amore di Dio, che qui si è manifestato nella persona di Cristo, e che oggi si manifesta nella Chiesa, nella nostra comunità, chiamata ad essere luogo di incontro tra cielo e terra, tra Dio e l’umanità. 

Non ci viene chiesto di fare grandi cose. I pescatori di Galilea, diventati apostoli, non hanno fatto grandi cose. Ma avendo fatto esperienza di gioia, pace, perdono e soprattutto di amore, hanno attirato a sé una moltitudine di gente, e creato attorno a sé comunità di credenti. A noi oggi viene chiesta la stessa testimonianza. Prima ancora che impegnarsi in progetti, strategie, percorsi e costruzioni fisiche o di altro genere, siamo chiamati a dire con la nostra vita che Gesù è il Signore, il Kyrios, e lo abbiamo incontrato. 

In questo nostro contesto sociale e politico così lacerato e fragile, in un contesto generale dove sembra prevalere la logica del possesso e dell’esclusione, dove il pensiero dominante sembra essere “Io e nessun altro” (Is 47, 8.10), la Chiesa è chiamata ad annunciare la forza del “noi”, dell’unità, di un amore che si dona gratuitamente, di un perdono che sa ricreare relazioni interrotte, di una pace che non è di questo mondo, ma che può donare gioia vera a questo mondo. 

Non è impossibile, non sono frasi fatte, non si tratta di discorsi utopici, impossibili da realizzare. La Pentecoste è proprio questo: scoprire di avere in noi una forza che non è solo nostra, che ci è donata, è l’amore di Dio, manifestato nella croce di Cristo e che nella Chiesa ancora oggi ci raggiunge e che può rendere possibile l’impossibile. 

Chiediamo il dono di questo Spirito, faccia di noi nuova creazione e infonda nei nostri cuori affaticati e stanchi la gioia del perdono, amore sincero e una pace vera e possano le nostre comunità diventare per la forza dello Spirito davvero luogo di incontro tra cielo e terra.