La nostra celebrazione della solenne Veglia pasquale davanti a questo Sepolcro vuoto ci introduce al mistero più grande della nostra fede, mistero che viviamo nei vari momenti di questa veglia, la liturgia della luce, la liturgia della Parola, la liturgia battesimale e la liturgia eucaristica. Durante questa celebrazione la Chiesa annuncia la lieta novella della Risurrezione, in particolare attraverso il testo evangelico che abbiamo appena ascoltato.
Quest'anno meditiamo il racconto della Risurrezione presentatoci dall'evangelista Luca. È tipico di Luca parlare di donne che seguono Gesù durante il suo ministero. Furono loro che rimasero fedeli al loro Maestro fino alla fine. Quando parla della sepoltura di Gesù, Luca dice: “Le donne che erano venute con lui dalla Galilea lo seguirono, e quando ebbero visto il sepolcro e il modo in cui vi era deposto il suo corpo, tornarono e prepararono spezie e olii profumati. Poi si riposavano di sabato, secondo il comandamento” (Lc 23,55-56).
Luca è molto chiaro sul coraggio di queste donne. Ne fa i primi testimoni qualificati dell'evento della Risurrezione. Erano loro, infatti, ad essere state fisicamente presenti non solo durante la passione e la crocifissione, ma fino al momento stesso della sepoltura, così da poter esaminare nel dettaglio il modo in cui Gesù era stato frettolosamente sepolto. E poi erano tornate alle loro case non solo per piangere il loro amato Maestro, ma anche per preparare gli unguenti per l'imbalsamazione dopo la fine del sabato. Un gesto di cura e di attenzione, di amore, che la morte non ha potuto fermare.
E quelle stesse donne, nel primo giorno della settimana, scoprono la violazione della Tomba. Luca insiste sull'atteggiamento tipico di queste donne, che erano confuse e turbate alla vista del Sepolcro aperto, e ancor più atterrite alla vista dei due uomini che annunciavano loro l’evento della Resurrezione. Nonostante la paura, queste donne coraggiose tornano a riferire agli undici e agli altri discepoli ciò che avevano appena vissuto. Ma non sono state credute. Per gli uomini “quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse” (Lc 24,11), al punto che Pietro va personalmente a verificare il fatto con l’autorità che gli compete
Luca menziona queste donne per nome: Maria Maddalena, Giovanna, Maria madre di Giacomo. Insiste sul fatto che è stato a loro, come persone concrete, con un nome e una missione, che è stata annunciata per la prima volta la gioiosa notizia della Risurrezione. Senza il coraggio di queste donne, senza quel loro gratuito amore che le ha rese capaci di vedere e credere all’umanamente impossibile, i discepoli sarebbe rimasti sbarrati dietro alle loro paure. Solo le donne, infatti, si sono avventurate “il primo giorno della settimana, al mattino presto” (Lc 24,1), sono loro che hanno messo in moto il dinamismo dell’annuncio della Risurrezione, portando gli apostoli fuori dal cenacolo e da lì in seguito in tutto il mondo.
L'idea della Chiesa raccolta nel cenacolo è allettante. Il cenacolo è certamente un simbolo di comunione di fede. Lì il Signore ha istituito l'Eucaristia e il ministero sacerdotale. Fu lì che ci diede il comandamento di amarci e servirci gli uni gli altri. Fu lì che apparve agli apostoli e a Tommaso per rafforzare la loro fede. E fu lì che Maria, gli apostoli e i discepoli attendevano con spirito di preghiera la venuta dello Spirito nella Pentecoste. Ma il cenacolo è anche il luogo da cui la Chiesa deve uscire per cercare Cristo risorto. Per avventurarsi e cercare di comprendere il significato nascosto dei segni della presenza di Cristo nel mondo. Questi segni sono eloquenti ma misteriosi. Sono i segni di una pietra rotolata via dall'ingresso del Sepolcro, i segni di un Sepolcro vuoto e apparentemente violato, i segni di un messaggio enigmatico, ma gioioso: “Perché cercate il vivente tra i morti?” (Lc 24, 5).
Anche noi forse, siamo tentati di cercare Gesù “tra i morti”. Siamo tentati di gridare al Maestro e supplicarlo di porre fine alla cultura della morte e della distruzione, all'odio, alle guerre, ai conflitti etnici, allo sradicamento di intere civiltà e alla condizione di milioni di immigrati sfollati. Di fronte a questa realtà la gioia della Pasqua sembra essere lontana. Eppure, Cristo è il Dio vivente! È una realtà che possiamo toccare, non un generico fondamento etico di valori politicamente corretti. Dal giorno di Pasqua, il Risorto è presente e operante nel mondo e laddove la fede viva ed ecclesiale dei discepoli lo accoglie, un mondo nuovo davvero incomincia, pur tra le contraddizioni del presente. Davvero noi siamo “rabdomanti di vita e di speranza”: gente che cerca, sapendo che sotterraneamente ma realmente, scorre nel cuore del mondo un fiume di acqua viva. Dobbiamo ancora una volta imparare cercarlo, come le donne del Vangelo, come Pietro e Giovanni.
Cristo è la speranza di chi lo cerca con fede e coraggio. È la speranza di coloro che non restano chiusi nella propria sicurezza, ma si avventurano per trovarlo in questo mondo travagliato. Questa è la strada che la Chiesa è chiamata a percorrere. Questa è la strada che siamo chiamati a fare insieme come comunità di fede.
La Chiesa cresce ed è alimentata dalla partecipazione attiva di ognuno di noi. Quando Pietro andò a verificare quanto avevano affermato le donne, secondo l'evangelista Luca “tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto” (Lc 24,12). Pietro corse alla tomba con un atteggiamento di confusione e incredulità per quanto le donne avevano raccontato. Proprio come gli uomini intorno a lui, non dava importanza alla testimonianza delle donne. Ma tornò indietro cambiato. Doveva ammettere che il Maestro lo sorprendeva, anzi lo sbalordiva, con il dono della Sua presenza silenziosa e viva. Doveva riconoscere che Gesù non era più “tra i morti”, cioè tra quanti non attendono più le sorprese di Dio.
Lasciamoci stupire dalle sorprese che Dio ha in serbo per noi. Questa è la vera gioia della Pasqua. Anche in mezzo alla sofferenza e all'odio, anche in tanti eventi che non possiamo controllare, anche di fronte ai segni di morte che ci circondano, il Dio del Signore Gesù Cristo è vivo. Non lascerà che la morte prevalga. Come canteremo domani mattina nella gioiosa sequenza: “Mors et vita duello conflixere mirando” - Morte e vita si sono contese in quello stupendo combattimento. Qual era il risultato? “Dux vitæ mortuus regnat vivus” - Il principe della vita, morto, regna immortale.
Che la nostra Chiesa, dove è stata annunciata per la prima volta la gioiosa notizia della Pasqua, possa essere faro di speranza per il popolo di Dio lungo la via del Vangelo. Camminiamo per primi insieme, come le donne la mattina della domenica di Pasqua, e per primi corriamo a dare la buona notizia della speranza nella Risurrezione, insieme, per la stessa strada, annunziando al mondo la ragione della nostra speranza in Colui che è veramente risorto!
†Pierbattista Pizzaballa
Patriarca di Gerusalemme dei Latini